Marchese Domenico Caracciolo
BIOGRAFIA
Domenico Caracciolo fu figlio cadetto del II Marchese di Villamaina Tommaso Caracciolo e della Spagnola Donna
Maria Alcantara Porras y Silva. Egli non nacque infatti a Villamaina ma in Spagna, nella villa di Malpartida de
la Serena, dove il padre si trovava a seguito del reggimento reale.
Non abbiamo notizie certe sulla sua infanzia e sulla sua adolescenza. Le ipotesi sono due ed entrambe verisimili:
fu educato alle umane lettere ed al latino per una prima alfabetizzazione da Don Stefano Pizzuti, colto
sacerdote di Villamaina, o come sostengono altri studiosi, tra cui anche l'illustre Benedetto Croce, fu educato
a Napoli nel Collegio detto dei Caracciolo. Se non da subito, ? comunque certo che il marchesino di Villamaina
si rec? in Napoli ad intraprendere i suoi studi economici e giuridici.
La sua grande statura intellettuale cominci? a delinearsi subito grazie al suo eccellente maestro: il Genovesi.
Non pochi sacrifici dovette sostenere per la verit? sia da studente che da giovane avvocato. A causa delle
povere condizioni economiche del piccolo feudo irpino, Domenico fu costretto in giovane et? a fare il mestiere
di "paglietta" nel Tribunale di Napoli, cio? a professare a livello pi? umile il mestiere di avvocato.
Non questo lavoro tuttavia, ma quello di funzionario diplomatico avrebbe conferito al nostro Marchese gli onori
della fama e della gloria. Seppur nominato Giudice di Vicaria in Napoli, Domenico accett? con piacere il primo
incarico diplomatico: un viaggio a Parigi e Madrid nel 1752. Da questo momento in poi la sua carriera diplomatica
fu tutta un crescendo. Gi? nel 1754 fu ambasciatore supplente in Parigi e da Parigi, con lo stesso
incarico, pass? poi a Torino. Quindi con l'incarico di inviato straordinario fu a Londra, rimanendovi fino al
1771. Il 21 Agosto di quell'anno muoveva nuovamente alla volta di Parigi.
Gli anni europei furono per Caracciolo fervidi di incontri e conoscenze di altissimo livello. Basta fare dei
nomi per rendersene conto: si leg? in amicizia a Vittorio Alfieri che, nella sua autobiografia, lo
definisce "uomo di alto, sagace e faceto ingegno" confessando che nei propri confronti il marchese
fu "pi? che padre in amore".
E' stato inoltre rinvenuto e, di recente, studiato dal Prof. Pier Carlo Masini di Pisa, un carteggio segreto
tra i due illustri amici in cui si toccavano temi e questioni scottanti per l'epoca quali la libert? di culto,
l'anticolonialismo ecc.
Per sfuggire alla censura, i due nobili italiani utilizzarono lo stratagemma della firma anagrammata. Vittorio
Alfieri si firm? sempre nelle sue lettere al Caracciolo "Conte di Rifiela" e Caracciolo si firm? sempre
come "Marchese di Licciocara" anzich? di Villamaina (cfr. Melzi, Catalogo di opere anonime e pseudonime).
A parte quella di Vittorio Alfieri, sono pi? che documentate molte altre celebri amicizie del nostro marchese;
anche il famoso Giacomo Casanova intrattenne un ottimo rapporto di amicizia col Caracciolo che incontr?
pi? volte nelle sue peregrinazioni europee. Casanova definisce Caracciolo un uomo sagace, allegro, con cui era
amabilissimo conversare di tutto.
Durante la sua permanenza a Parigi il Caracciolo ebbe modo, inoltre, di stringere amicizia con molti degli
enciclopedisti francesi. Fu intimo di Voltaire, Diderot e D'Alembert, conobbe
d'Holbac. Il nostro marchese fu personaggio assai benvoluto dalla nobilt? transalpina.
Proponiamo qualche giudizio raccolto qua e l? su di lui: il duca di Levis, frequentatore, assieme al Caracciolo,
dei salotti parigini, alla di lui partenza lo ricordava quasi con rimpianto:
“non c'? mai stato un uomo pi? dinamico e pi? brillante di questo italiano:
egli aveva l'energia di quattro uomini e la capacit? di operare di otto; egli aveva un modo originale di
vedere e di sperimentare le cose”.
Cos? invece Marmotel: “era come se da lui sprizzassero scintille, e la sua
naturalezza di espressione, il fascino del suo sorriso e la sensibilit? del suo sguardo formavano un insieme che
dava un carattere affabile, intelligente ed interessante. Aveva qualche difficolt? a parlare la nostra lingua,
ma era eloquente nella sua, e quando il termine francese gli sfuggiva ne prendeva qualcuno in prestito
dall'italiano. Cos? ad ogni momento arricchiva il suo linguaggio di mille e pittoresche espressioni che
destavano la nostra invidia... a Parigi tutti desideravano l'amicizia del marchese di Villamaina”.
Sono tutti giudizi conseguenti alla partenza del Caracciolo dalla città. Nel 1780, infatti, Ferdinando IV di
Borbone lo nomin? Vicer? delle Sicilie e Caracciolo, con sommo dispiacere, fu costretto a lasciare Parigi e la
sua carica di ambasciatore per un incarico di pi? alto prestigio ma molto pi? complicato. Il nostro marchese
sbarc? a Palermo con molto indugio solo la sera del 14 Ottobre 1781.
L'opinione pubblica che non si aspettava da lui nulla di particolare ? tutta racchiusa nell'espressione del
Villabianca: “si far? i fatti suoi e si godr? una vecchiaia tranquilla”.
Non fu cos?. Tre giorni dopo il suo arrivo sull'isola, il marchese di Villamaina fu investito della carica di
Vicer?. Era il 17 ottobre del 1781 e Caracciolo andava a ricoprire quella che si pu? ritenere la pi? alta
carica del regno dopo quella Reale. Uno scrittore siciliano, Vincenzo Linares, fa una descrizione fisica del
Caracciolo: “Ed ecco uscirne un uomo alto della persona, risoluto
negli atti, tremendo all'incesso, con abito gallonato, e una fascia d'onore che gli pende dal petto. Il naso
ha adunco, il mento sporto all'infuori, l'abito negletto; nella larga sua fronte sta l'impronta del genio,
e i tratti duri e rilevati del volto indicano la tempra di un'anima indomabile e forte”.
Ora, sarebbe forse troppo monotono elencare le tappe dei sei anni di viceregno in Sicilia. Si dica solo che il
Marchese di Villamaina giunse sull'isola con un programma preciso, quello di limitare gli abusi del potere
baronale ed ecclesiastico sulla povera plebe siciliana.
Tra le altre cose Caracciolo fu autore di un trattato "Sull'estrazione dei frumenti delle Sicilie"
in cui si descrive una cruda realt?: tutta la ricchezza dell'isola era concentrata nelle mani di pochi
possidenti terrieri che affamavano la plebe. Al Caracciolo, imbevuto fino al midollo delle idee degli illuministi
francesi, questa situazione non poteva proprio andare a genio. Il Marchese di Villamaina fece discutere fin da
subito l'opinione pubblica siciliana, a partire dalla cerimonia ufficiale della sua investitura nel duomo di
Palermo, quando non si scopr? il capo davanti all'arcivescovo che gli dette l'incenso. L'episodio suscit? le pi?
grandi maldicenze e subito lo si etichett? come antiecclesiastico.
In effetti i privilegi ecclesiastici e quelli baronali furono i suoi obiettivi privilegiati. In una lettera al
primo ministro Acton del 1784 il Marchese cos? argomentava: “
Qui tutta la contemplazione la godono i baroni e del popolo non si cura niente e tutte le altre classi di
cittadini si trascurano e si contano per nulla. Iddio immortale! La Sicilia ? composta di soli baroni?
Il resto del regno ? nulla?”. E sempre nella stessa lettera:
“con cinquanta granatieri si fanno carcerare tutti i caporioni ed in
una notte ? finita la commedia!”.
Un altro "simpatico" aneddoto ? quello relativo alla tassa sulle carrozze del 1782. Col pretesto di raccogliere
fondi per far rilastricare le strade di Palermo, Caracciolo istitu? una tassa di tre once all'anno su ogni
carrozza. Immaginate un po' come pot? reagire la nobilt? siciliana alla notizia, dal momento che ovviamnate la
tassa ricadeva al 100% sui nobili. Dopo mille polemiche, a denti stretti, tutti cominciarono a pagare;
solo una certa Marchesa di Ceraci, sbandierando gli antichi privilegi, respinse con sdegno l'imposta moderna.
Dopo qualche giorno, degli agenti militari del Caracciolo abbatterono il portone di una delle pi? blasonate
casate di Palermo e ne uscirono con la sontuosa carrozza della nobildonna: il Caracciolo l'aveva fatta sequestrare!
La carrozza venne trascinata per le vie della città tra gli schiamazzi della plebaglia e lo sbigottimento dei
nobili, che mai si sarebbero aspettati un affronto del genere.
Sempre del 1782 ? l'abolizione del Tribunale dell'inquisizione o del Santo Uffizio. E' questa la riforma
pi? importante del Caracciolo. Ma la presa di posizione pi? grossa del Marchese di Villamaina fu quando nel 1783
comp? l'atto pi? impopolare del suo viceregno. Ordin? che i festeggiamenti patronali in onore di Santa Rosalia
a Palermo da sei fossero ridotti a tre giorni. E' inutile dire che in Sicilia fu minacciato di morte e dovette
intervenire il Re in persona ad annullare l'ordinanza.
Il suo temperamento forte, aspro ed intransigente cominciava ad essere un ostacolo per il suo programma
riformatore. Caracciolo si attirava ogni giorno di pi? le antipatie dei nobili siciliani con atti eclatanti
e di inaudita appariscenza.
Fu proprio per la sua fama di "duro" che il Re Ferdinando lo richiam? a Napoli con l'importantissimo incarico
di Primo Ministro.
La sua vita era ormai alla fine. Caracciolo mor? a Napoli il 16 Luglio del 1789. Si favoleggi? in città che
fosse morto per la sorpresa e lo sgomento che gli provoc? la notizia della presa della Bastiglia e dello
scoppio della Rivoluzione francese. Questo nessuno storico potr? mai provarlo. E' certo invece che il nostro
marchese era stanco e provato, perch? in una delle sue ultime lettere al Re, aveva espresso il desiderio di
potersi ritirare a godere di una meritata pensione in un suo feudo nei pressi di Napoli.
Niente di pi? probabile che avesse scelto la sua Villamaina, allora in possesso del nipote Carlo Maria, figlio
del fratello, cui era toccata per diritto di primogenitura la nostra piccola terra.
Bibliografia di riferimento:
- "Un p? di Irpinia nella letteratura" del Prof. Nicola Trunfio -
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