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Patrimonio storico-artistico

:: ARCHITETTURE STORICHE


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L'ARCO CIVICO
Sul nord est dell'abitato era una cittadella; ed in essa si entrava per due porte. Vecchia l'una gi? distrutta a mezzo giorno, nuova l'altra che tuttora sussiste, sulla quale fa spicco l'orologio comunale.”
Era una delle due (o probabilmente tre) antiche porte d'ingresso all'abitato. L'altra, detta "Porta Vecchia" ha lasciato di s? solo il nome. Perci? ? probabile che questa fosse la "Porta Nuova". Per secoli ha consentito l'ingresso alla chiesa e al palazzo ducale. In epoca settecentesca ? stata sormontata da un orologio con quadrante maiolicato, ora restaurato.
Dopo il sisma del 1980 ? stato completamente rifatto, conservando intatto solo l'arco in pietra. Adiacente all'arco sorgeva la casa natale di Giovanni Gussone (Villamaina 1787 - Napoli 1866), botanico di fama internazionale. Una lapide posta dall'amministrazione nel 1920 ricorda l'antica ubicazione della dimora, rilevata poi da altri privati ed ora scomparsa. Alle spalle dell'arco, un monumento dell'artista Vincenzo Caputo, denomianto "Le pietre ricordano", ? stato realizzato con materiale recuperato in vari siti urbani a seguito del sisma del 1980, e testimonia l'antica vocazione di abili maestranze locali.


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L'ANTICA TAVERNA
L'antica Taverna di Villamaina ? collocata in un punto strategico lungo l'antica via Domizia (poi Neapolitana). Funzionalmente le taverne medievali sostituiscono le stationes e le mansiones romane, che costituivano i luoghi di sosta disposti a distanza regolare lungo le principali strade. Abbiamo ragione di credere che la stessa cosa si possa affermare per la nostra taverna. Di origine medievale, la struttura del fabbricato ha subito numerosi rifacimenti, a causa dei frequenti terremoti che si sono verificati nella nostra zona. La struttura definitiva, di recente restaurata, fu edificata con ogni probabilit? tra il XVI ed il XVIII sec. su preesistenze medievali.
Nel Medioevo la Taverna aveva una funzione molteplice: era un luogo di sosta per i forestieri (mercanti e viaggiatori), era un punto di vendita al minuto, era una cantina ed era un punto d'incontro e di aggregazione.
Questi locali venivano gestiti in genere da un addetto, "tabernarius", e spesso venivano contrassegnati da insegne. Famoso un p? dappertutto l'uso di contrassegnarle con frasche (frascas o ramas). L'esposizione di una frasca (generalmente di quercia o d'olivo) sull'ingresso, segnalava la disponibilit? di vino, soprattutto vino novello nel periodo di Novembre e Dicembre, e di cibo.
Quando le scorte di viveri erano esaurite, il tabernarius "toglieva la frasca". Ancora oggi nel nostro dialetto vige il detto “lev? la frasca”, che si usa per invitare un commensale a consumare le ultime pietanze rimaste sulla tavola.
Un altro oggetto usato per segnalare all'esterno la disponibilit? di vino era lo “spaerum”, una specie di brocca tondeggiante messa fuori dalla porta del locale. Oltre al vino nelle taverne medievali si servivano pasti caldi, minestre di legumi, pizze, pane caldo (all'interno della nostra taverna ? stato rinvenuto un forno), carne (soprattutto insaccati) ecc. Nella struttura della nostra Taverna erano presenti ampi spazi per il ricovero degli animali da soma e ci dovevano essere anche dei magazzini per lo stoccaggio di fieno e delle merci in transito. Ultima curiosit?: all'interno della struttura, nel corso del recente restauro, ? stata rinvenuta una lapide con l'incisione di due lettere: MV. Si pensa possa trattarsi dell'indicazione di una maestranza locale appartenente ad una famiglia (Mastrominico) che nel corso del Settecento lavor? per il riconsolidamento della struttura a seguito dell'ennesimo terremoto (tesi E. Di Gianni). Non si trascura neppure l'ipotesi che possa trattarsi di una data (1005 d.C.) incisa su una pietra di reimpiego o di una indicazione miliare.



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LE TORRI MEDIEVALI
Ubicate in via Sotto le mura e recentemente ricostruite, le torri, insieme alle mura, costituivano la fortificazione dell'antico borgo medievale. Ce ne parla anche il celebre Paolino Macchia nel suo trattato “Sulla valle di Ansanto e sulle acque termo minerali di Villamaina in Principato Ultra”.
Infatti egli scrive: “Il comune istesso era circondato da mura fortificate da torri, tre delle quali ancora sussistono, ed una in buono stato, perch? rifatta. E' verisimile che le medesime furono costrutte dopoch? la sanguinosa luce Gotico Vandalica, eclissato il Romano Impero, rese queste contrade preda de' barbari...”.
Delle tre torri di cui ci parla il Macchia ne restano soltanto due; ? possibile accedere ad una galleria fotografica delle torri dal link riportato qui sotto.



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ANTICHI MULINI AD ACQUA
La parte sud est del paese ? delimitata dal fiume Fredane che ? alimentato da numerosi affluenti tra cui il vallone detto delle Conche. La ricchezza d'acqua del nostro territorio ha determinato la costruzione di alcuni mulini i cui resti sono ancora visibili: Mulino Conche, Mulino Isca, Mulino Fontanelle, Mulino di Sotto le Coste.
Si tratta di quattro mulini ad asse verticale e a ruota orizzontale. In alcuni casi (mulino Conche) essi venivano alimentati dalla raccolta di acque che sorgevano molto pi? a monte (C/da Taverna). L'acqua veniva raccolta in un bacino che attraverso le paratie defluiva in un canale e di qui veniva riversata in un pozzo detto torrione. Il pozzo aveva forma ogivale, cio? ad imbuto, in modo da far fuoriuscire l'acqua con maggiore pressione e quindi imprimendo maggiore forza per la rotazione delle pale. Nel locale macina si trovava un basamento in pietra su cui poggiava la mola fissa detta "dormiente", al di sopra della quale si trovava la mola dormiente detta "corridoia".
I mulini del Fredane testimoniano, in continuit? con le machinae da torchiatura alla greca rinvenute nella villa rustica di C/da Cisterne, la vocazione prevalentemente agricola del nostro territorio ed avvalorano l'ipotesi che il nostro paese altro non sia stato in passato che un centro, sorto su una villa rustica romana con annesso latifondo. Anche il toponimo "maina" deriverebbe infatti dalle machinae per la molitura e la spremitura, di cui abbiamo rinvenuto un esemplare integro di epoca romana.
Villa machina, dunque, e di qui Villa Mayna (come ? attestato nei documenti medievali), poi Villamaina.




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