Ambiente e territorio
:: VILLAMAINA E DINTORNI: ITINERARI CONSIGLIATI
:: Le strade dell'antichit� in Irpinia :: |
LA VIA APPIA
La prima strada consolare romana costruita in epoca repubblicana, possiede un fascino tutto particolare.
Non a caso Papinio Stazio la definisce Regina viarum.
La sua realizzazione, avvenuta in diverse fasi, consent� il collegamento fra Roma ed i pi� importanti centri
del Samnium e dell'Apulia: Santa Maria Capua Vetere, Benevento, Eclano, Venosa, Taranto, Brindisi.
Sulla Tabula � possibile seguire agevolmente il tracciato fino a Sublupatia (nei pressi di Castellana in
Puglia).
L'inizio della costruzione di questa strada risale a quando il console Appio Claudio Cieco, dopo la I
Sannitica, ordin�, nel 312 a.C., che si costruisse una via tra Roma a Capua.
Nel 268 Fabio Massimo il temporeggiatore occup� Taranto e quindi la via Appia Antica venne prolungata, prima
fino a Venosa e poi Fino a Taranto e Brindisi.
Numerose sono le vestigia che testimoniano il passaggio di questa strada attraverso l'Irpinia. Ricordiamo il
ponte Appiano sul Calore, un viadotto a schiena d'asino con sei arcate costituito da una parte in muratura e
da un raccordo in rilevato.
Di grande importanza � l'iscrizione rinvenuta presso Eclano classificata da Mommsen nel suo Corpus con la
sigla IX 6075 di cui la traduzione per esteso � questa:
“L'imperatore Cesare Traiano Adriano Augusto, figlio del divino Traiano
Partico, nipote del divino Nerva, Pontefice Massimo, nell'anno in cui fu tribuno per la settima volta e console
per la terza rifece la via appia per 15.570 passi, divenuta impraticabile per il lungo abbandono, aggiungendo
1.147.000 sesterzi ai 569.100”.
Con la venuta dei longobardi nel 568, ci� che restava della via Appia antica era ben poco, e quel poco fu
chiamata Beneventana perch� dall'Irpinia conduceva a Benevento.
Anche oggi esiste una via Appia (SS7), che a volte segue il vecchio tracciato e a volte se ne discosta
di molto; essa giunta a Calore, prende per Avellino e toccandone la periferia, passa per Montemarano e tra
Torella dei Lombardi e S. Angelo dei Lombardi (Ofantina) si dirige a Lioni, Potenza, Matera e Taranto, ove si
congiunge con l'Appia Antica.
LA VIA DOMITIANA O NEAPOLITANA
Fu concepita come strada a scorrimento veloce allo scopo di collegare direttamente Roma alla costa campana che
costituiva l'unico terminale romano dei traffici marittimi con l'Oriente.
Si distaccava dall'Appia a Sinuessa (Mondragone) per poi correre lungo il litorale fino a Cuma e da
Cuma fino a Pozzuoli e Napoli. In seguito tutta la litoranea a sud di Napoli fino a Lamezia Terme prese il nome
di Domitiana.
Per la sua costruzione furono necessarie arditissime opere di ingegneria stradale quali la bonifica delle terre
del Volturno e la Crypta Neapolitana. Secondo Strabone questa galleria fu realizzata da Cocceio per
volere di Augusto per rendere pi� veloci le comunicazioni tra Napoli e Pozzuoli.
Lunga 705 m, larga 4,45 e con un'altezza di circa 5 m, consentiva il passaggio di due carri affiancati. Seneca (Epistolae V, 57)
ce la descrive polverosa, scomoda e assai scura.
Questo ci fa pensare che i pozzi di illuminazione di cui la galleria era dotata, fossero insufficienti.
Nel tratto stradale Pozzuoli-Cuma � possibile ammirare l'Arco Felice, ovvero il primo esempio di opera
di scavalco di un'intersezione stadale. Fu realizzato per permettere il passaggio di una strada secondaria che
correva lungo la cresta del monte Grillo.
Molti secoli dopo, nel regno angioino e poi aragonese, fu programmata la ristrutturazione viaria tanto che la
via per Avellino-Araino-Foggia divenne la via del grano e quella per Atripalda-Villamaina-Guardia dei Lombardi
divenne la via del bestiame grosso divenendo via regia e quindi da mantenere costantemente in
buone condizioni di transitabilit� con ponti e sistemazione delle acque piovane e difesa dell'ampiezza della
sede stradale contro le usurpazioni dei confinanti.
Tali obblighi ricadevano sull'amministrazione centrale, ma per buona parte veniva riversata sui paesi
(Universitates) attraversati e collegati per i loro traffici.
Bibliografia di riferimento:
- Testi del Prof. Nicola Trunfio -
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